CIV INPS VCO: BACCHETTA SU SITUAZIONE PROVINCIA
TRACCIA INTERVENTO BACCHETTA – segreteria CGIL Novara VCO – CIV INPS 5 NOVEMBRE
In rappresentanza di: CGIL NOVARA VCO, CISL PIEMONTE ORIENTALE, UIL NOVARA VCO
Viviamo il momento del rendiconto sociale sapendo che è molto più dell’ottima e ricca esposizione di dati a cui abbiamo assistito: un rendiconto sociale è un patto che si rinnova all’interno della nostra comunità; una comunità che l’INPS conosce bene perché ci segue e sostiene in tutto l’arco della nostra esistenza.
Ecco perché nell’intervenire a nome di CGIL, CISL e UIL non posso esimermi dal ringraziare le lavoratrici e i lavoratori dell’istituto con cui quotidianamente le nostre organizzazioni si interfacciano per permettere a chi vive la nostra comunità di vedersi garantire i propri diritti.
Un’azione sinergica che non inizia e finisce con l’invio di singole pratiche. Tra quello che facciamo per tutelare i diritti delle persone che si rivolgono ai patronati e i dati che abbiamo osservato oggi il collegamento è diretto: un legame cruciale, che presidiamo con enorme cura.
Ogni dato esposto oggi infatti è un punto di appoggio nel percorso che stiamo intraprendendo; le diverse tendenze in atto nella nostra società e la loro interconnessione con le dinamiche normative hanno prodotto i dati che abbiamo osservato, il nostro compito è interpretarli e mettere in atto quanto in nostro potere per indirizzarli verso una visione che deve essere sintesi degli interessi che tutti noi rappresentiamo, che debba rimettere al centro del VCO il senso della propria esistenza.
Le modalità con cui affrontare la prima parte di questo percorso sono in realtà più semplici di quanto possano apparire e vanno ricondotte alla ripetizione di una singola domanda da porsi dopo ogni singolo aspetto visionato: cosa facciamo?
Sappiamo che nel VCO abbiamo quasi 3 anziani per ogni giovane: cosa facciamo?
Sappiamo che il saldo naturale si riduce di 1.400 persone all’anno, che la perdita annua è raddoppiata in 10 anni e che il saldo migratorio che vede 350 immigrati in più degli emigrati non ne copre neanche un terzo: cosa facciamo?
Sappiamo che la speranza di vita è ferma al palo da 10 anni, soprattutto nelle fasce over 65 e over 85: cosa facciamo? Non è solo l’effetto COVID, in quel dato ci rientrano i pensionamenti procrastinati nel tempo che portano l’effetto delle condizioni sui luoghi di lavoro ad incidere sulla speranza di vita, la sanità in decadimento e la rinuncia alle cure: cosa facciamo?
Sappiamo che abbiamo 60mila lavoratori; 48mila dipendenti (36mila privati, 10mila pubblici, mille agricoli, 2mila domestici), 5,3mila artigiani, 5,8mila commercianti, 800 agricoli autonomi, 2,2mila gestione separata, 243 occasionali; sappiamo che 1/10 dei lavoratori è extracomunitario: cosa facciamo?
Dove sono occupati, in quali settori, quanto è precaria la loro condizione reddituale e di vita… Sappiamo degli 8mila frontalieri, più di un occupato ogni 10 e più di un abitante ogni 20: cosa facciamo? Come interveniamo per il riconoscimento dell’assegno unico, per contrastare la “tassa sulla salute” che colpiscono direttamente la nostra economia, per migliorare le infrastrutture che li portano a lavorare in svizzera?
Sappiamo dei 66mila occupati, che il tasso di occupazione (67,5%) è in linea con il Piemonte e superiore del 6% con il resto d’Italia; che i disoccupati sono 4mila e gli inattivi 15mila circa (togliendo i percettori di pensione); sappiamo che dividendo per gruppi la popolazione degli occupati il gap salariale maggiore si verifica tra uomini comunitari e donne extracomunitarie (il doppio del reddito settimanale), poi arrivano uomini comunitari e uomini extracomunitari (30%) e infine tra uomini e donne comunitarie (20%): cosa facciamo?
Sappiamo che siamo vicini al tetto dell’80% di ispezioni in cui sono state riscontrate irregolarità, che in Piemonte a fronte di 8 ispettori in meno (da 47 a 39) e di meno ispezioni pro capite (da 17 del 2022 a 15 nel 2023) l’evasione accertate è stata di un milione in più e che ogni ispezione ha fatto emergere in media 60mila € (rispetto a 43mila € del 2022): cosa facciamo? Continuiamo a tagliare o capiamo che investire nelle ispezioni vuol dire migliore sicurezza nei luoghi di lavoro e maggiori entrate?
Sappiamo che le NASPI aumentano quasi del doppio rispetto all’aumento in Piemonte (+7% rispetto a +5%), è solo effetto del turismo che caratterizza la stagionalità della nostra economia o c’è altro: cosa facciamo?
Sappiamo che delle 45mila pensioni erogate 26mila sono del fondo dipendenti privati, 7mila dei pubblici, 1,5mila parasubordinati e 14mila autonomi; che l’importo medio mensile è superiore di 1/3 per gli uomini rispetto alle donne e che sono più povere rispetto al resto del Piemonte (100 euro in meno al mese per gli uomini, 50€ per le donne; gli uomini percepiscono infatti 2,1mila € al mese e le donne 1,4mila €): cosa facciamo?
Sappiamo che delle 7mila pensioni assistenziali 3,5mila sono quelle di accompagnamento per donne non autosufficienti e l’intervento del Consorzio ha chiarito quanto la nostra rete è in grado di fare: noi cosa facciamo?
Capite perché non è solo un insieme di dati? Dietro quei numeri ci siamo tutti!
C’è la sanità al collasso preda di mancanza di coraggio, di campanilismo, di gettonismo mischiato alla concorrenza Svizzera che si traduce nel tema della doppia fragilità: vogliamo gestire le dinamiche frontaliere e sanitarie o lasciamo incancrenirsi e cristallizzarsi il problema (visto che 1/3 degli occupati in Ticino è frontaliere e che chi lavora in sanità nel VCO a pochi km di distanza dal confine può andare a guadagnare il triplo)?
C’è l’effetto degli stipendi più elevati di un territorio che vive di frontalierato che si mischia con l’esplosione degli affitti brevi: ecco che vediamo il costo degli immobili passare Verbania dai 2.200 € ai 2.600 € a mq e Domodossola dai 1.500 € ai 1.900 € con tanto di ripercussione sugli affitti mensili; quale diritto al tetto verrà garantito a chi, occupato in un’economia fragile, non può permettersi di uscire dalla casa dei genitori.
C’è l’idea di sviluppo produttivo e occupazionale che manca tanto a livello nazionale quanto a livello territoriale: per i giovani del VCO il futuro saranno la stagionalità e il lavoro precario – grigio e nero – che il terziario ha da offrirgli, sarà l’emigrazione forzata o saremo in grado di dare un orizzonte di sviluppo diverso da un continuo decadimento e dal rimpianto stucchevole di un’epoca che non c’è più.
Ci sono gli strascichi di un modello economico che negli ultimi decenni ha saputo unicamente concentrarsi per gestire la chiusura delle fabbriche e la fuga delle multinazionali e delle imprese che hanno tradito il nostro territorio e continuano a farlo lasciando quando va bene famiglie senza futuro e povertà (si pensi a Barry), quando va male la lunga scia di morti che pare dimenticata e la cui verità giudiziaria resta appesa a quella dell’ultimo imputato rimasto in vita di un Montefibre bis rinviato per la terza volta in corte d’appello.
O smettiamo di vedere i dati quale punto di arrivo e iniziamo ad osservarli quale punto di partenza, o smettiamo di portare avanti rivendicazioni e politiche retrospettive e iniziamo a prendere davvero per mano il futuro del nostro territorio senza dimenticarci di quanto è accaduto, o quei dati continueranno a peggiorare e noi a limitarci ad accompagnare il declino della nostra provincia da inermi osservatori privilegiati.
Ecco perché chiediamo a tutte e tutti di fare la propria parte così come noi faremo la nostra per indirizzare nel miglior modo possibile il percorso che istituzioni, imprese e attori sociali vorranno definire; quindi un invito, in particolare alla politica: definitelo!
In cambio chiediamo poche cose: un lavoro sicuro, dignitoso, in regola, stabile, pagato il giusto; un lavoro quale motore fondativo dell’esistenza della nostra comunità e della singola persona che la compone, così come la storia del nostro Paese e della nostra costituzione l’hanno tramandato, come ci ricordano luoghi come la Casa della Resistenza in cui siamo oggi.
Il presidente del CIV ha fatto nel suo intervento una sottolineatura che sentiamo particolarmente nostra; ha parlato di “rendere conto, per affermare il valore delle proprie azioni”.
In documenti sindacali di qualche decennio fa, una delle frasi di congedo utilizzate era “questo vi dovevo”; porta con sé lo spirito di servizio, il rendere conto delle proprie azioni per affermare il valore di quel bene più alto che passa attraverso il rinnovamento di quel patto da cui quest’intervento ha preso piede: continuiamo a perseguirlo.